Tematica Religione ebraica

Giuseppe

Giuseppe

Dip.: Antonio Maria Esquivel (1806-1857).

Nome: Giuseppe

Notizie: Giuseppe è il penultimo dei dodici figli di Giacobbe ed il primo dei due figli (con Beniamino) della moglie Rachele. Egli è il padre di Efraim e Manasse dai quali discendono le due omonime tribù. Il nome Giuseppe (ebr. Yohsèf, forma abbreviata di Yohsifyàh) significa "Yah (Yahvè) aggiunga; Yah (Yahvè) ha aggiunto". Venduto dai fratelli: secondo il Libro dello Genesi (37-50, con tracce anche nell'Esodo e nel Libro di Giosuè), Giuseppe è il figlio prediletto di suo padre Giacobbe. Giacobbe infatti riversa su di lui l'amore che aveva per la sua moglie preferita Rachele, morta alla nascita di Beniamino. Questa preferenza del padre, che si manifesta sotto la forma di una tunica donatagli all'età di 17 anni, alimenta la gelosia dei suoi fratellastri. La gelosia è alimentata anche dai sogni di Giuseppe: nel primo undici covoni di grano (rappresentanti i suoi undici fratellastri) si inchinano davanti al covone di grano confezionato da Giuseppe; nel secondo undici stelle, il sole (rappresentante il padre Giacobbe) e la luna (rappresentante la matrigna Lia) si prostrano davanti a Giuseppe (cfr. Genesi 37,2-8). Giuseppe venduto dai fratelli, dipinto dell'artista tedesco Friedrich Overbeck, conservato a Berlino, Staatliche Museen. Un giorno quando Giuseppe raggiunge i suoi fratelli che pascolano i greggi, essi complottano contro di lui. Il primogenito Ruben si oppone all'uccisione di Giuseppe, preferendo che venga gettato in fondo ad un pozzo. Giuda propone infine di venderlo ad una carovana di mercanti ismaeliti di passaggio. Per venti monete d'argento, Giuseppe diventa schiavo e viene condotto dai mercanti in Egitto. I suoi fratelli utilizzano la tunica e del sangue di capra per far credere al padre Giacobbe che Giuseppe è stato ucciso da una bestia feroce (cfr. Genesi 37,12-33). La moglie di Potifar e l'interpretazione dei sogni: arrivato in Egitto, Giuseppe è rivenduto come schiavo a Potifar (Putifarre), un ufficiale del faraone, di cui diventa l'intendente. Essendo molto abile nel suo lavoro, Giuseppe fece prosperare negli anni le attività del suo padrone e si guadagnò la sua stima. Tuttavia la sua posizione favorevole mutò completamente quando la moglie di Potifar, incapricciatasi dello schiavo, tentò di sedurlo, senza successo. Per vendicarsi dell'umiliazione subita, la donna accusò Giuseppe di aver tentato di usarle violenza e chiese al marito che il giovane fosse punito. Giuseppe viene giudicato colpevole e rinchiuso in prigione, dove divide la cella con il coppiere e il panettiere del faraone, caduti in disgrazia. Un mattino i due uomini si svegliano e raccontano entrambi di aver fatto un sogno. Giuseppe li ascolta e interpreta le loro visioni. Al coppiere predice che sarà riconosciuto innocente e che riavrà la sua funzione a servizio del faraone;al panettiere invece annuncia che sarà condannato e decapitato. Tre giorni più tardi i sogni si realizzano,come li aveva interpretati Giuseppe. Il coppiere, rientrato a palazzo, suggerisce al faraone, due anni più tardi, di ricorrere a Giuseppe per interpretare due sogni che nessuno dei suoi maghi è riuscito a comprendere. Nel primo apparivano sette vacche grasse e sette vacche magre, mentre nell'altro si vedevano sette spighe piene e sette vuote. Giuseppe, condotto alla presenza del faraone, spiega i sogni premonitori e mette in guardia il sovrano. Predice infatti sette anni di abbondanti raccolti (sette vacche grasse e sette spighe piene) seguiti da sette anni di carestia (sette vacche magre e sette spighe vuote). Giuseppe si guadagna la fiducia del faraone suggerendogli di fare delle scorte negli anni di abbondanza in modo da poterne usufruire in quelli di carestia. Il faraone favorevolmente impressionato dalla saggezza di Giuseppe lo libera dalla prigione e gli affida il ruolo di visir d'Egitto. Governatore d'Egitto: Giuseppe si sposa con un'egiziana di nome Asenat ed ha due figli: Efraim e Manasse. Durante i sette anni di abbondanza Giuseppe organizza la costituzione di riserve alimentari in grado di sfamare il popolo nei periodi di carestia e, quando la fame si abbatte sull'Egitto, è qui che tutte le popolazioni della regione e quelle confinanti, si riversano in cerca di approvvigionamenti. Tra i postulanti arrivano in città anche i fratelli di Giuseppe, inviati da Giacobbe, (eccetto Beniamino), per comprare del grano. Giuseppe li riconosce senza essere a sua volta riconosciuto. Per vendicarsi del loro comportamento passato, li fa incarcerare con un futile pretesto ma poi,desideroso di rivedere il fratello minore, Giuseppe escogita un sotterfugio. Decide quindi di tenere in ostaggio solo Simeone, e libera tutti gli altri, ingiungendo però loro che per salvare Simeone dovranno tornare in Egitto, accompagnati dal fratello più giovane. Afflitti, i nove fratelli lasciano il palazzo e di li a qualche tempo si ripresentano con Beniamino. Giuseppe, soddisfatto, libera Simeone e finge magnanimità lasciandoli partire tutti insieme. Di nascosto però fa collocare una coppa dorata nel sacco di Beniamino e con questo pretesto lo fa accusare di furto. Giuseppe minaccia di far incarcerare Beniamino ma Giuda si offre di prendere il suo posto per far sì che possa tornare dal padre Giacobbe, il quale morirebbe di dolore se perdesse anche questo figlio. Giuda rivela che la perdita di Giuseppe è già stato un colpo durissimo per l'anziano e che un'altra tragedia di questo tipo sarebbe fatale per lui. Vedendo come i suoi fratelli sono protettivi nei confronti di Beniamino, e quanto il loro comportamento è diverso da quello che avevano riservato a lui, Giuseppe, commosso, rivela la sua vera identità. La sorpresa è grande ma la gioia di ritrovare Giuseppe vivo lo è ancora di più e, convintosi che il loro pentimento è sincero, Giuseppe perdona i suoi fratelli ed invita tutta la famiglia a stabilirsi in Egitto.(cfr. Genesi 42-45). Giacobbe alla vigilia della sua morte adotta come figli Efraim e Manasse e li benedice. Giuseppe ed i suoi fratelli fanno seppellire Giacobbe in terra di Canaan (cfr. Genesi 48-49). Giuseppe muore all'età di 110 anni. Il suo corpo viene imbalsamato alla maniera egiziana e sarà riportato in terra di Canaan durante l'esodo (cfr. Genesi 50). Recentemente ne è stata ipotizzata l'identità con Aper El. Esegesi ebraica: la Torah insegna che Giuseppe commise maldicenza contro i fratelli dicendo al padre Giacobbe che gli altri fratelli si cibavano di animali vivi (e non ritualmente per far diventare lecito il consumo delle loro carni): in quel caso essi mangiarono invece animali puri femmine con i piccoli ancora in grembo, macellati (cfr Shechitah) secondo l'uso corretto e non mangiati vivi (cfr 7 precetti Noachici), cosa assolutamente proibita secondo l'Halakhah (l'Halakhah per la Kasherut proibisce di cibarsi di sangue, anche degli animali permessi). Giuseppe veniva spesso protetto dai fratelli figli delle serve di Lia e Rachele, anch'essi figli di Giacobbe, ed invero con loro trascorreva molto tempo. Per il peccato di Ruben la primogenitura passò a Giuseppe. Quando i fratelli di Giuseppe lo imprigionarono nel pozzo vuoto d'acqua e colmo di serpenti e scorpioni, dai quali Dio lo protesse miracolosamente, viene citata una carovana di Ishmaeliti che passava in quel luogo: la tradizione ebraica spiega che non si trattava di Ishmaeliti ma probabilmente questa indicazione ne cela l'origine (cfr Avraham, Messia e Qeturah). Giuseppe ebbe il matrimonio con la figlia di Dina Asenat, figlia adottata dalla sposa di Potifar; quest'ultima tentava continuamente di sedurre Giuseppe che, integro, non vi cadde infatti il seme venne miracolosomante emesso dalle unghie delle dita delle mani conficcate a terra. Anche per la propria integrità Giuseppe rappresenta la Sefirah Yessod. Quando in Egitto, ormai viceré, Giuseppe rivelò ai fratelli la propria identità disse loro che tutto quanto successo fu nei disegni divini: egli giunse in Egitto per quando poi anch'essi, insieme al padre Giacobbe, vi entrassero. Inoltre le ricchezze accumulate in Egitto grazie a Giuseppe sarebbero poi state donate ai figli d'Israele dalle donne egizie con la liberazione grazie a Mosè, descritta nel libro dell'Esodo, assieme al compenso per il loro duro lavoro nella Terra degli schiavi, l'antico Egitto. In Egitto i fratelli non riconobbero Giuseppe, dei quali invece constatò l'identità, in quanto non si aspettavano che anche nell'aspetto materiale egli riuscisse a mantenere la tradizione ebraica e così fu; essi avevano invece prediletto una vita a contatto col mondo spirituale che il ruolo di pastori permette di avere con maggiore facilità. Giuseppe, per farsi riconoscere dal padre Giacobbe nel loro incontro dopo gli anni di distanza, gli ricordò l'ultimo argomento di Torah sui carri di cui stavano dialogando. Giuseppe chiese che, dopo la sua morte, la sua salma venisse trasportata dall'Egitto in Terra d'Israele con l'Esodo del popolo ebraico e così fu: lo stesso Mosè si occupò di permettere che il sarcofago con la sua salma sorgesse miracolosamente dalle acque del Nilo in cui era stato depositato per proteggerlo. Tradizione coranica: il Corano cita Giuseppe (Yusuf) come un grande profeta. Il Corano riprende la genealogia della Genesi: figlio di Ya?qub (Giacobbe), nipote di Is?aq (Isacco) e pronipote di Ibrahim (Abramo). La dodicesima sura porta il suo nome e racconta la sua storia in una tradizione che differisce talvolta da quella della Genesi. « Quando Giuseppe disse a suo padre: «O padre mio, ho visto in sogno undici stelle il sole e la luna. Li ho visti prosternarsi davanti a me», disse: «O figlio mio, non raccontare questo sogno ai tuoi fratelli, ché certamente tramerebbero contro di te! In verità Satana è per l'uomo un nemico evidente. Ti sceglierà così il tuo Signore e ti insegnerà l'interpretazione dei sogni e completerà la Sua grazia su di te e sulla famiglia di Giacobbe, come già prima di te la completò sui tuoi due avi Abramo e Isacco. In verità il tuo Signore è sapiente e saggio». Certamente in Giuseppe e nei suoi fratelli ci sono segni per coloro che interrogano. 8 Quando essi dissero: «Giuseppe e suo fratello sono più cari a nostro padre, anche se noi siamo un gruppo capace . Invero nostro padre è in palese errore. Uccidete Giuseppe, oppure abbandonatelo in qualche landa, sì che il volto di vostro padre non si rivolga ad altri che a voi, dopodiché sarete ben considerati». Uno di loro prese la parola e disse: «Non uccidete Giuseppe. Se proprio avete deciso, gettatelo piuttosto in fondo alla cisterna, ché possa ritrovarlo qualche carovana». Corano, sura 12: la sura, che è una delle più lunghe del Corano, continua raccontando come Giuseppe era arrivato in Egitto e come era diventato viceré dell'Egitto a motivo della sua saggezza ed intelligenza. Alla fine Giacobbe ritrova il figlio.


Stato: Israel

Anno: 2012

Dentelli: 13,5 x 13,5